Uno spritz con Juls Way

È uscito il suo secondo romanzo, Lo Pseudonimo (Words Edizioni), ma lei avverte: basta considerare i romanzi rosa come letteratura di serie b.

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Incontro Juls Way (nome d’arte) in un bar a Pesaro. Lei mi aspetta sorridente e mi porge la copia del suo nuovo libro, Lo Pseudonimo, pubblicato da un paio di mesi, in una nuova elegante brossura. “Non capita tutti i giorni di avere una scrittrice al tavolo!” esclamo entusiasta, mentre lei mi firma una dedica.

Juls è una ragazza semplice, cresciuta a Senigallia, dove sin da bambina ha respirato arte, fiction e romanzi. Ha conseguito una laurea in storia dell’arte e una specializzazione in archivistica, ma non sa ancora bene cosa le riserverà il futuro da un punto di vista lavorativo, la sorte che tocca un po’ a tutti coloro che fanno parte di questa generazione.

“So che la scrittura ci sarà sempre, a prescindere da ciò che farò” mi confessa “e ho dei progetti. Magari lavorare nella scuola o fare un bel master. Vedremo.” Nel frattempo beviamo uno spritz davanti al Teatro Rossini, dove si è appena concluso il Rossini Opera Festival, che ogni anno attira intenditori da tutto il mondo, e alla cui cerimonia di chiusura ha presenziato perfino Sergio Mattarella.

Vi avevo già parlato di Juls a proposito del suo primo romanzo, La seconda moglie (uscito nel 2020), in un’intervista. La sua nuova storia è sempre ambientata a Londra, qualche anno più avanti. Le chiedo quando abbia trovato il tempo di scrivere un secondo libro e di farlo uscire a solo un anno di distanza dal primo. “Devo dire che, in questo, il lockdown ha aiutato!” (ride) “Avevo già abbozzato parte della struttura narrativa presente ne La seconda moglie , quindi poi mi sono ritrovata a poter dedicare tempo a questo progetto. Avevo l’idea che mi ronzava in testa da tempo.”

Addento una pizzetta Rossini, che adoro, e scherzo con Juls sul fatto che mi sembra di essere in uno di quei salotti per sole donne che lei descrive nel suo primo romanzo, tra tè, corsetti e chiacchierate segrete. “Ambientazione e tempo mi aiutano a scrivere meglio” mi rivela “per esempio, ambientare Lo Pseudonimo a Londra, agli inizi del Novecento, mi ha permesso di essere più verosimile, dal punto di vista storico, ma anche più libera di inventare. Inoltre, io adoro le fiction storiche, ne guardo moltissime. Sono davvero appassionata!”

Le chiedo di come si sia trovata a fare questo ingresso nel panorama letterario italiano, dove è ancora presente una buona dose di classismo e dove non sei nessuno finché gli altri non dicono che sei brava. “Ammetto che, nonostante i tanti lettori che abbiano apprezzato i miei testi, a volte mi soffermo sulle recensioni negative. Le recensioni, infatti, sono uno strumento importante per gli autori emergenti. Quindi, mi chiedo: che bisogno c’è di calunniare le persone con recensioni false? Se un libro non ti è piaciuto, è legittimo esprimerlo, ma ci sono modi e modi. Inoltre, credo che bisogna avere una grande conoscenza di narrativa per comprendere veramente la struttura di un testo e poterlo giudicare francamente. Purtroppo è ancora presente lo stereotipo che il romanzo rosa debba essere una frivolezza per donne, una pura descrizione erotica che nasce dall’incontro con un uomo. Ebbene, non è così. Il romanzo rosa è narrativa a tutti gli effetti: può contenere mistero, carattere e anche passione. Ha una trama, a prescindere dalla storia d’amore. Perché deve essere demonizzato?”

Non potrei essere più d’accordo.

Intanto mi godo Lo Pseudonimo e so che Juls tornerà presto a scrivere.

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