di Gloria Sahbani
Per il mio cuore basta il tuo petto, per la tua libertà bastano le mie ali. Dalla mia bocca arriverà fino al cielo, ciò che stava sopito sulla tua anima. È in te l'illusione di ogni giorno. Giungi come la rugiada alle corolle. Scavi l'orizzonte con la tua assenza. Eternamente in fuga come l'onda. Ho detto che cantavi nel vento come i pini e come gli alberi maestri della nave. Come essi sei alta e taciturna. E ti rattristi d'improvviso, come un viaggio. Accogliente come una vecchia strada. Ti popolano echi e voci nostalgiche. Io mi sono svegliato e a volte emigrano e fuggono gli uccelli che dormivano nella tua anima.
Pablo Neruda (pseudonimo di Neftalì Ricardo Reyes), poeta cileno noto al mondo intero per la sua capacità di cantare l’amore in tutte le sue forme più pure ed irraggiungibili, inserì questa poesia sublime in una raccolta del 1924 dal titolo “Veinte poemas de amor y una canción desesperada ”. Ma perché questa poesia è stata inserita così, all’inizio della pagina, senza ulteriori spiegazioni?
Innanzitutto, perché una poesia per essere goduta nella sua meraviglia di esistenza, va letta. Letta e riletta, osservata, pronunciata con tutte le cadenze che possano renderle omaggio. Le parole vanno accarezzate come piccole teste pelose di cuccioli, come il vento della sera fa con i rami più leggeri delle piante.
Neruda era solito accostare il sentimento amoroso agli atti della natura, alle bucoliche dimostrazioni di madre terra. Voglio fare con te/ quello che la primavera fa con i ciliegi, scrisse. Anche lui sarebbe d’accordo nel paragonare la delicatezza con cui si pronunciano le parole ad un qualche atto tenero che la natura ci può offrire.
La poesia, prima di essere spiegata, tradotta, parafrasata o interpretata, va vissuta. Vivere una poesia è il primo modo per comprenderla, poi la spiegazione e tutto il resto sono secondari.
Leggi bene la poesia Per il mio cuore basta il tuo petto, perché è nei suoi tracciati di colore e di emozioni che risiede ciò che voglio raccontarti.
Alcuni anni fa, conobbi una bambina della scuola elementare; aveva uno zaino bianco. Le chiusure dello zaino erano rifinite con un blu luccicante, così come anche i cuori disegnati e alcune parole che riempivano la parte centrale. Questa bambina era molto sorridente e così innamorata del suo zaino da non volersene mai separare. Diceva che era uno zaino poetico e adatto a lei. La bambina sapeva tutto. Ogni singola lettera incisa nel suo zaino, ogni decorazione, persino le etichette, contribuivano a costruire l’immagine mentale dello zaino, che avrebbe portato sempre con sé in un ripiano lucido delle esperienze della sua anima, anche quando, in futuro, sarebbe stato impossibile utilizzare ancora lo zaino.

Questa bambina crebbe e da adolescente prese l’abitudine di infilarsi nei negozi di libri usati per scrutare i titoli e i colori delle copertine. Fu, in un giorno luminoso, colpita dal dorso di un libro poderoso, di un blu regale. Lo prese e lo aperse in una pagina a caso. La poesia che apparve dinnanzi ai suoi occhi aveva qualcosa di familiare. Leggendola, ebbe come l’impressione che le parole uscissero dalla pagina e si posizionassero in file ordinate. Le parole si stavano tingendo di un blu luccicante e sembravano chiamarla. Tutto divenne chiaro, quando realizzò di che versi si trattasse:
Per il mio cuore basta il tuo petto/ per la tua libertà bastano le mie ali/ Dalla mia bocca arriverà fino al cielo, ciò che stava sopito sulla tua anima…
Quelle erano le parole di una poesia di Pablo Neruda e anche le stesse che la bambina aveva letto per anni sul suo zaino di scuola elementare. Quelle parole che le avevano tenuto compagnia nei suoi viaggi verso la scuola, quelle parole che l’avevano affascinata per la loro bellezza, erano in quel momento tornate da lei. Non portava più in giro il suo zaino, ma il ricordo di quei versi era rimasto immortale. Da bambina non sapeva quale fosse il significato di quelle parole piene d’amore e non aveva nemmeno conoscenza su chi potesse essere l’autore, ma a quattordici anni l’aveva finalmente scoperto. Quei versi furono la chiave di innamoramento per la bambina verso quella poesia e verso tutta la poesia. Parlava d’amore, quel tale Neruda del Cile, e lo propagava nelle anime di tutti.

Una poesia non deve essere prima spiegata, deve essere letta e vissuta e poi spiegata. Ma questa nostra poesia Per il mio cuore basta il tuo petto, non ha bisogno di altro, perché contiene già in sé un grande insegnamento: i bambini sono sensibili alla poesia e alle arti così come la primavera è sensibile agli alberi in fiore. Lasciare che la poesia invada i cuori significa donare la più grande libertà.
Una poesia d’amore non è solo una poesia d’amore.
È una poesia di vita, di insegnamenti e di sbocciamento dei più bei fiori della primavera. E i bambini sanno sempre cogliere i fiori con disinteressata bontà.
In seguito la versione originale della poesia in lingua spagnola, per godere della musicalità della sua lingua madre, sulla quale ogni accostamento di lettere e di immagini è plasmato:
Para mi corazón basta tu pecho,
para tu libertad bastan mis alas.
Desde mi boca llegará hasta el cielo
lo que estaba dormido sobre tu alma.
Es en ti la ilusión de cada día.
Llegas como el rocío a las corolas.
Socavas el horizonte con tu ausencia.
Eternamente en fuga como la ola.
He dicho que cantabas en el viento
como los pinos y como los mástiles.
Como ellos eres alta y taciturna.
Y entristeces de pronto, como un viaje.
Acogedora como un viejo camino.
Te pueblan ecos y voces nostálgicas.
Yo desperté y a veces emigran y huyen
pájaros que dormían en tu alma.