Donatella Di Pietrantonio, L’Arminuta

di Maria Laura Riccardi

Donatella Di Pietrantonio fa parte della generazione delle scrittrici italiane contemporanee. 

Le informazioni più importanti sulla sua vita si trovano sul retro dei suoi libri e navigando un po’ su internet: ha 57 anni, è abruzzese e fa la dentista pediatrica. Ho visto una sua intervista qualche giorno fa su Rai uno, sembra una persona abbastanza riservata.

Il libro di cui vi parlo oggi è L’ Arminuta, edito da Einaudi nel 2017. Ha vinto il Premio Campiello, il Premio Napoli ed è stato tradotto in 23 paesi.

Insomma, un successo di pubblico e di critica.

A me fanno sempre un po’ sorridere i titoli dei libri tradotti in altre lingue, poiché spesso perdono la loro essenza e il concetto originario. Per esempio, l’arminuta che in dialetto abruzzese significa la ritornata, nell’edizione inglese è stato tradotto con A girl returned. Sarebbe interessante approfondire la questione delle traduzioni, magari in un prossimo articolo, con qualche espert* del settore.

La prima cosa che colpisce del libro è senza dubbio la copertina, con questa ragazza dallo sguardo intenso. Il bianco e nero accentua il fascino vintage che vorrebbe rievocare il romanzo. Ultimamente, le case editrici si stanno impegnando molto nella realizzazione di edizioni sempre più esteticamente invitanti, per non sfatare il mito non giudicare un libro dalla copertina. Spesso, però, il troppo storpia e vengono realizzati libroni da collezione molto belli ma davvero difficili da leggere e maneggiare. In questo caso,  invece, la presentazione è azzeccatissima e anche il formato (senza la copertina rigida), davvero maneggevole.

Il motivo per cui ho deciso di inserire questo testo è che credo Donatella Di Pietrantonio si ponga in perfetta continuità nella letteratura italiana contemporanea, portando con sé tutta l’ eredità della tradizione novecentesca, ma rivisitandone i temi a suo modo.

Il romanzo è caratterizzato da un taglio molto realistico: non sono risparmiati i dettagli sulla miseria della famiglia d’origine della protagonista, come l’urina che sua sorella Adriana, ancora bambina, le lascia scivolare sul fianco tutte le notti, mentre dormono sullo stesso materasso, una con la testa al posto dei piedi dell’altra.

La storia è ambientata negli anni ’70 in Abruzzo, in un paesaggio che, come nel caso della Sardegna in Grazia Deledda, diventa un vero e proprio personaggio all’interno delle vicissitudini personali di questa povera ragazza, che scopre di non essere figlia della donna che l’ha cresciuta e viene letteralmente “scaricata” a quello che doveva costituire il suo nucleo familiare originario.

Si ritrova, quindi, a passare da una condizione privilegiata a diventare l’arminuta, la ritornata. Si rende subito conto che per lei, quelli che dovrebbero essere i suoi genitori e i suoi fratelli, sono dei perfetti sconosciuti. La relazione di estraneità è reciproca, tanto che si instaura una sorta di attrazione/affetto con quello che dovrebbe essere suo fratello maggiore, Vincenzo. Una storia veramente tragica e commovente, di cui non voglio svelare troppi dettagli, nel caso qualcuno non l’abbia ancora letto.

La narrazione mi ha ricordato quei film del neorealismo italiano, ambientati negli anni ’50, che con semplicità e drammaticità cercavano di raccontare uno spaccato della società che era, allora, odierna.

I temi a cui fa spesso riferimento l’autrice sono il rapporto della protagonista con la sorella minore e il rapporto con le due madri, i quali costituiscono due filoni narrativi dell’intera trama.

Nel tempo ho perso davvero quell’idea confusa di normalità e oggi ignoro davvero che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza. Un vuoto persistente, che conosco ma non supero. Gira la testa a guardarci dentro. Un paesaggio desolato che di notte toglie il sonno e fabbrica incubi nel poco che lascia. La sola madre che non ho mai perduto è quella delle mie paure.

Senza svelare di più, posso dire due cose:

la prima è che, proprio in questi giorni, è uscito Borgo sud, la continua del romanzo. Che sicuramente leggerò.

La seconda è che questo libro tocca corde di estremo realismo in maniera perfetta, componendo una sinfonia capace di turbare e scuotere l’animo di chi la legge. 

VALUTAZIONE:

Classificazione: 4 su 5.

Vi lascio i link dei due libri citati: