Sempre più spesso ascoltiamo o leggiamo storie di violenze inaudite sugli animali. In particolare i cani, più vicini alla convivenza con l’essere umano, spesso sono vittime di torture ingiustificate. Questa è la storia di Mano, un pastore maremmano salvato dalla veterinaria e autrice Monica Pais.

Chi mi conosce, o mi segue da un po’ su questo blog o sul mio profilo Instagram, sa che ho una grande passione per la natura, l’ambiente e gli animali, in particolare per i cani. Ecco perché ne parlo spesso: sono una parte fondamentale della mia persona e della mia vita.
Come tanti di voi, sin da quando ero bambina, desideravo un cucciolo con tutte le mie forze. Sognavo di mettere nel mio garage tutti i trovatelli che c’erano in giro e di fare la veterinaria. Poi abbandonai questo tipo di aspirazione, poiché il mio spirito letterario ebbe la meglio su tutto e anche perché emotivamente non ero (e non sono) minimamente preparata per svolgere un lavoro medico.
Il mio sogno di avere un cane si avverò e con lui ho trascorso 14 meravigliosi anni. Non c’è giorno in cui non pensi a lui e non senta la sua mancanza. Per me non era solo un cane, era un membro della famiglia a tutti gli effetti. Nonostante il dolore, che deve necessariamente essere vissuto per scemare, penso che abbia avuto una bellissima vita felice e che tanti altri cani non hanno questa fortuna.
Alla violenza e alla tortura sugli animali, però, esiste il rovescio della medaglia: tutti i volontari che se ne prendono cura e che, con amore e dedizione, riescono a salvarli e a donare loro una seconda vita. Penso alle tante associazioni, come l’Enpa, e ai rifugi per cani abbandonati, come l’Oasi Ohana in Sicilia.
Monica Pais è una di queste persone: veterinaria, lavora ad Oristano, dove ha fondato la clinica veterinaria Duemari e l’Effetto Palla Onlus. Ha pubblicato nel 2019 Animali come noi, dove ha raccolto alcune tra le storie più belle sugli animali della sua vita. Mancava questa di Mano, ed eccola qua, stampata per l’edizione speciale Tea del 2021.

Appare come un libricino abbastanza sottile ma, all’interno, sono presenti delle bellissime illustrazioni di Paolo d’Altan.
La storia di Mano è quella di un cane trovato in fin di vita, buttato in acqua incaprettato e con la museruola. Clinicamente dato per spacciato, il cane riesce a sopravvivere.
Ciò che manca è l’amore nei suoi occhi, la voglia di vivere una seconda vita, la fiducia nell’essere umano.
Rimango inorridita ogni volta che leggo queste crudeltà, perché la vigliaccheria nel fare del male ad un cane è pari a quella di fare violenza su un bambino: chi la perpetra, sceglie di farlo su una creatura più debole, che non potrà difendersi.
Mano, dopo questa esperienza traumatica, mordeva chiunque. Da qui questo soprannome.
Solo con tanto tempo, dedizione e affetto riuscirà a recuperare una vita degna di essere vissuta, insieme ad una famiglia, fatta di amore e non di violenza e di privazioni.
Questa è una storia che dà speranza, contro tutte quelle che non ce la fanno.
“Guardalo quel povero cane di nessuno. Chiamalo, dagli un po’ della tua merenda, fagli una carezza. Il Signore te lo manda perché tu possa fare una buona azione verso una creatura così abbandonata.”
San Giovanni Bosco
Dopo la morte del mio cane, ho provato a leggere altri libri simili ma non ci sono riuscita. Questo invece mi è piaciuto perché, con semplicità, riesce a trasmettere la sofferenza e la gioia che provano esseri umani e animali quando sono insieme.
Concludo dicendo che avere un cane è un impegno, sì, spesso anche ricco di ostacoli e difficoltà, ma che ripaga totalmente in emozioni positive e riempie la vita.
L’esistenza di un cane, come quella di altri animali, è più breve rispetto alla nostra ma merita lo stesso rispetto e la stessa cura.
M.L.
One Reply to “Storia del cane che non voleva più amare”
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