A cura di Alessandra Quatela
Donne dell’anima mia.

È così che voglio iniziare la recensione di questo libro autobiografico: dal titolo.
È stato proprio quest’ultimo a stimolare la mia curiosità e spero che riesca a fare altrettanto con la vostra.
È il primo libro che leggo di Isabel Allende, nata il 2 Agosto 1942 in Perù. All’età di tre anni i suoi genitori divorziarono, togliendole la possibilità di conoscere suo padre, il quale sparì del tutto dalla sua vita
La madre, Francisca Llona Barros, rimasta sola con tre bambini a carico, decise di trasferirsi a Santiago del Cile, nella casa del nonno.
Sebbene priva di figura paterna, furono il nonno e lo zio, Salvador Allende, ad offrirle l’aiuto ed il supporto necessario per studiare e crescere in serenità.
Isabel sin da bambina impara a nutrire la sua mente attraverso la lettura, vivendo tuttavia un’infanzia difficile.
Nel 1956 la madre sposò un diplomatico, con il quale iniziarono a viaggiare e a scoprire non solo il mondo, ma anche il significato della discriminazione di genere, più che mai viva nei contesti culturali di vari popoli.
Il suo primo romanzo venne rifiutato da tutte le case editrici latino-americane, in quanto firmato da un nome sconosciuto, e poiché il nome in questione era quello di una donna.

Ad oggi Isabel rappresenta una delle voci più importanti della narrativa contemporanea in lingua spagnola, tanto da venire premiata, nel 2014, da Barack Obama con la medaglia presidenziale della libertà.
Perché ho deciso di partire proprio con una breve sintesi della vita di Isabel?
Poiché il libro in questione non è altro se non questo: un viaggio a ritroso nella vita di una donna che potremmo definire “comune”, ma che come qualsiasi Donna ha dovuto lottare nella sua vita per non rimanere invisibile.
“La mia idioncrasia nei confronti del machismo cominciò proprio nell’infanzia,
vedendo mia madre e la domestica della casa come vittime, subalterne,
senza mezzi né voce,
o per aver sfidato le convenzioni, nel primo caso, o per il fatto di essere povere.
[..]Il mio carattere e il mio atteggiamento di sfida, che nei miei fratelli venivano
apprezzati in quanto tratti fondamentali della mascolinità,
in me erano ritenuti patologici.
Non succede forse quasi sempre cosi?
Alle bambine viene negato il diritto di arrabbiarsi e di battere i piedi per terra.”
Ci sono diverse parti della vita e del pensiero di Isabel che conducono alla riflessione.
Ciò che colpisce particolarmente di questo libro è la leggerezza con la quale l’autrice sia riuscita a trattare temi e difficoltà legate al mondo femminile, come la parentesi paterna da lei brevemente aperta, dalla quale è facile comprendere quanto la forza e la determinazione di una donna spesso si sviluppino sin dalla giovane età e, nella maggior parte dei casi, in seguito alla mancanza o alla sofferenza inflitta dalla figura genitoriale maschile.
Sin dalle prime pagine del racconto affiora l’idea di quanto ciascuno di noi non sia altro che un “prodotto” finale di esperienze: gioie e sofferenze ricevute dalla vita.
“Come mi sarei potuta fidare degli uomini che un giorno ti amano e quello dopo scompaiono?”
Nascere Donne significa portare sulle spalle l’arduo compito di dover scalpitare per ottenere rispetto, non soltanto dagli uomini, ma dall’intero sistema svantaggiato nel quale ci collocano.
Questo libro è un viaggio di lotta nel tentativo di portare avanti un ideale di femminismo, inteso come atteggiamento di ribellione nei confronti dell’autorità maschile e come lotta per l’emancipazione di tutti coloro che sono oppressi dal sistema.
Il femminismo si fonda sull’assunto di base che le donne sono persone, come disse Virginia Woolf; ma, pur essendo certo tale concetto, in realtà lasciamo che alcuni uomini continuino a pensare il contrario, dando loro la libertà di utilizzare la violenza come strumento di controllo su quella che può essere per loro considerata una figura imprevedibile e spaventosa: la donna.
“La violenza sulle donne è universale e antica quanto la civiltà stessa.
Quando si parla di diritti umani, in pratica si sta parlando dei diritti degli uomini.
Se un uomo viene malmenato e privato della sua libertà,
è tortura.
Se è una donna a subire le stesse cose si tratta di violenza domestica
e in gran parte del mondo la si considera ancora una questione privata.”
Un’ultima particolarità di questo libro che voglio svelarvi, lasciandovi poi il piacere di scoprire le altre, è che è stato scritto durante un periodo che tutti sicuramente non dimenticheremo: nel marzo del 2020, durante la pandemia di Coronavirus.
Credo che sia stato questo un momento in cui ciascuno di noi, compresa Isabel, forzatamente abbiamo utilizzato per far chiarezza su quelle questioni irrisolte, quei sentimenti accantonati e quei pensieri non ascoltati a causa della frenesia della vita quotidiana.
Ed, ancora una volta, forse non tutto il male che sembra capitarci viene per nuocere.
Vorrei concludere affermando che talvolta il peggior nemico delle donne è l’immagine della donna stessa: leggere, osservare, ascoltare o studiare, ci permette di aprire la mente, di comprendere la nostra importanza, non solo in quanto donne, ma in quanto persone.
E, come tali, meritiamo di esprimere le nostre idee, di pretendere rispetto e amore esattamente com’è permesso al genere maschile.
Dedicate alla vostra bellezza interiore lo stesso tempo e dedizione rivolta a quella esteriore, perché hanno pari importanza e vi impediranno di perdere la vostra unicità nel tentativo di raggiungere canoni estetici impossibili.
Per questi momenti di riflessione che Isabel è riuscita a regalarmi, e per molti altri ancora, vi consiglio di dedicare tempo a queste 174 pagine, che al loro interno contengono un mondo intero.
“La docilità esaltata, come virtù femminile, è il nostro peggior nemico,
non ci è mai servita a nulla, torna comoda solo agli uomini.
Il rispetto, la remissività e la paura che
ci inculcano sin dalla culla
ci danneggiano a tal punto che non abbiamo nemmeno consapevolezza
del nostro potere.”
Per acquistare il libro:
Buona lettura a tutt* voi.