Il Ragazzo e l’Amante, l’amore ai tempi della Grecia classica.

Libertà romantica e antica Grecia? Un ossimoro non ancora compreso da tutti. Spesso si crede, erroneamente, che gli antichi Greci vivessero la propria sessualità in piena libertà. Non vi è nulla di più sbagliato. Questo antico popolo, infatti, aveva un modo completamente diverso dal nostro d’intendere i rapporti sessuali e romantici.

di Nico Di Sabatino

Partiamo da un assunto fondamentale: amore e sessualità nell’antica Grecia si basavano su un terzo principio, la virilità, ossia quell’insieme di caratteristiche che rende un uomo sviluppato, fisicamente e mentalmente.


Raggiungere la virilità fisica, per i Greci, corrispondeva al diventare un cittadino a tutti gli effetti. Va sottolineato come nella concezione greca è proprio l’uomo cittadino a stare al centro di tutto. Infatti, dalla sua posizione di superiorità, egli esercita virilità su tutte le altre figure, attorno a lui ruotanti (donne e giovinetti).

Ma come intendevano nel dettaglio la virilità?
La virilità condizionava tutta l’esistenza del cittadino, il quale aveva l’obbligo di esprimerla in differenti ambiti della vita.
Doveva mostrarsi virile durante le battaglie, armandosi di coraggio e intraprendenza; nell’ambito politico, prendendo decisioni importanti; nei rapporti coniugali, sposando una donna e procreando; nei rapporti pedagogici, istruendo i più giovani.

I cittadini esercitavano dunque il ruolo di “capo”, virile e attivo in quanto uomo. E, di conseguenza, dotato di forza, intelligenza e capacità.

La credenza della libertà romantica nella Grecia antica, nasce proprio dal ruolo pedagogico che l’uomo doveva svolgere. Portiamo ora l’attenzione su tale particolare funzione, che spettava esclusivamente ai cittadini colti ed istruiti, prendendo come esempio l’Atene Classica.


Nella Polis veniva praticata la cosiddetta Pederastia. Dal greco antico, παῖς pàis, ossia “ragazzo” ed εραστής erastès, “amante”.
Essa prevedeva l’instaurazione di una relazione di tipo pedagogico, sessuale (e talvolta romantico), con un giovinetto. E si basava su ferree e rigide regole.
Esse erano:

  • Differenza anagrafica: il ragazzo, pàis, doveva avere un’età compresa tra i 12 ed i 18 anni. Essere di bell’aspetto e privo di peli e barba. L’uomo, erastès, invece poteva esercitare la funzione pedagogica in un’età compresa tra i 22 ed i 60 anni.
  •  Dissimmetria nei ruoli: il ragazzo doveva rigorosamente interpretare un ruolo passivo, sia nell’apprendimento che come amante. Mentre l’uomo doveva sempre adottare un ruolo attivo, sia nell’istruzione che nel rapporto.
  •  Corteggiamento: era previsto che i pàis venissero corteggiati per un paio di mesi dagli erastès prima di poter intraprendere una relazione di tipo pederastica. Durante questo corteggiamento, l’erastès si recava nei ginnasi a vedere il pàis allenarsi, faceva lui dei piccoli doni, quali potevano essere dadi, cuccioli di conigli o galletti. E gli dedicava poesie, canti e scritti. Il pàis d’altra parte, doveva evitare di cedere subito alle attenzioni dell’erastès, ma allo stesso tempo, neanche farsi desiderare troppo.
  • Carattere pedagogico: elemento che stava alla base della pederastia stessa. L’erastès, infatti, prendeva sotto la sua ala un pàis, con lo scopo principale di educarlo. Gli insegnava a diventare un buon cittadino nell’ambito politico, militare, poetico e, più in generale, a saper come vivere correttamente all’interno della polis, una volta diventato cittadino a tutti gli effetti. Per tale motivo, spesso, i padri prima di affidare un figlio ad un erastès, si premunivano di controllare se quello fosse effettivamente adatto a svolgere tale funzione.
Carlo Raso, Homosexual love – Detail of the “Tomb of the diver” (480-470 BC) at Museum of Paestum.

Dunque, ricapitolando: tutti i giovinetti di buona famiglia in un momento della loro vita, ossia dai 12 ai 18 anni, dovevano intraprendere un rapporto di tipo pederastico con un uomo adulto.

In alcuni casi, tra le due figure potevano nascere anche sentimenti romantici, ma la consapevolezza che tutto sarebbe terminato nel giro di qualche anno, doveva sempre stare alla base del rapporto.

Una volta concluso il periodo pederastico, i giovani diventavano efebi e potevano completare la loro istruzione, studiando ancora per circa due- tre anni.
Terminato anche questo periodo, erano finalmente pronti per poter diventare dei cittadini. Da quel momento in poi, per loro ogni cosa cambiava.

Da giovani passivi dovevano infatti diventare degli uomini attivi. Dunque entravano nell’ottica di trovare una moglie, far figli ed incaricarsi a loro volta di prendere dei pàis come allievi.

Da ciò emerge come l’uomo ateniese, nel corso della sua vita, sperimentasse sia l’amore ed il sesso etero che quello omosessuale. Entrambi erano infatti, in qualche modo “obbligati”.

Ed è anche il motivo per il quale oggi si definiscono gli antichi greci come “bisessuali”, termine in realtà improprio, che però è forse l’unico, in epoca moderna, ad avvicinarsi alla loro concezione romantica e sessuale.

Staatliche Antikensammlungen, CC BY-SA 3.0 http://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0/, via Wikimedia Commons

Parte adesso una carrellata di famose coppie pederastiche, alcune realmente esistite ed altre appartenenti ai miti greci.

  •  Il famoso Socrate con Alcibiade.
  •  L’illustre Platone e il giovane allievo Aster.
  •  I filosofi Parmenide e Empedocle.
  •  Il grande Alessandro Magno e il cortigiano persiano Bagoas.
  •  Lo scienziato Aristotele con il filosofo Escrione di Samo.
  •  Zeus e il bellissimo giovinetto troiano Ganimede.
  •  Apollo e Giacinto, il giovane che si contese con il dio Zefiro.
  •  Re Laio e il principe Crisippo.

E per quanto riguarda le donne?

La situazione non era di certo tra le migliori.
Innanzitutto, le mogli erano a conoscenza di quale ruolo i mariti ricoprissero nel rapporto pederastico, ma dovevano farselo andare bene.

Le donne, purtroppo, nella Grecia antica non avevano voce in capitolo praticamente su nulla: rappresentavano infatti la controparte passiva e silenziosa. Non a caso i rapporti di tipo romantico- sessuale tra donne erano del tutto banditi nella Polis. Non erano permessi in alcun modo, poiché tra due donne non poteva esservi la parte virile.


Per tale motivo, essendo esclusa la componente attiva maschile, l’amore tra donne non aveva alcun motivo di esistere, in quanto eliminava del tutto l’uomo dalla sua funzione principale, relegandolo a un ruolo del tutto inutile. Interessante notare come tale visione della sessualità sia stata poi ripresa, per essere demolita, dalle femministe durante gli anni ’70, definendo la differenza tra la donna clitoridea e quella vaginale e rompendo definitivamente il legame culturale connesso al binomio virilità-donna oggetto, perpetrato per secoli.

Ma questo l’uomo greco non poteva accettarlo.

Platone in primis definiva le donne lesbiche alla stregua delle prostitute, mentre esaltava il romanticismo fra uomini, sostenendo che fosse la forma più nobile d’amore, protetta e governata dalla dignitosa Afrodite Urania.

Solo successivamente veniva l’amore tra un uomo ed una donna, considerato comunque inferiore, in quanto indotto dall’Afrodite Pandemia.

E, per ultimo, quello tra donne, etichettato come un abominio totale.

In epoca arcaica, invece, le donne avevano potuto godere di una maggiore libertà sessuale e romantica. Sappiamo, grazie alla famosa poetessa Saffo, che esistevano dei centri di educazione femminili, dove le giovani fanciulle venivano mandate ad istruirsi. Qui, guidate da una maestra, apprendevano la cultura e tutto il sapere utile a poter diventare delle buone mogli e madri.

Saffo era proprio insegnante all’interno di un Tiaso e, grazie ai suoi versi, sappiamo che s’innamorò di diverse ragazze, con alcune delle quali intrattenne anche profonde relazioni.

Tuttavia con l’avvento della nascita e della consolidazione della Polìs, tali centri vennero chiusi definitivamente.

John William Godward, CC0, via Wikimedia Commons

Siamo dunque arrivati alla conclusione e possiamo ora confermare quanto scritto all’inizio: nell’antica Grecia non vi era alcuna libertà romantica e sessuale, in quanto:

  •  Gli uomini potevano intrattenere relazioni omosessuali solo con ragazzi e mai con uomini adulti. E dunque, se omosessuali, non potevano avere un partner fisso. Inoltre dovevano in ogni caso prendere moglie e fare figli.
  •  I fanciulli erano obbligati ad avere relazioni con uomini spesso molto più grandi di loro, subendo così un forte stress fisico e psicologico in un’età molto delicata.
  •  Le donne, dal canto loro, erano forzate a sposarsi, a dover accettare i ripetuti tradimenti in silenzio. E, se lesbiche, a non poter in alcun modo intrattenere relazioni romantiche con nessuna donna, in nessuna età e circostanza.

A discapito di tutte queste regole, ci tengo però a precisare che vi furono anche delle importanti eccezioni:

spesso vi fu amore anche tra due uomini perfettamente adulti, così come tra donne.

E non tutti gli erastès intrattenevano relazioni sessuali con i propri pàis.

Infine, spesso, i fanciulli stessi s’innamoravano perdutamente dei maestri e non erano, almeno in tale circostanza, costretti a fingere un’ attrazione nei loro confronti.

Purtroppo credo vivamente che per noi sia profondamente complesso comprendere l’amore vissuto nella Grecia Antica, troppo distante, eppure così vicino.

Se volete saperne di più, vi consiglio questo libro: